Pro loco Caggiano
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Acerronia
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Acerronia (o Acheronia) La necropoli dell'antico pago di Acerronia, riportata alla luce dal Prof. Gaetano Lamattina, negli anni '90, è sita nell'estrema parte meridionale del monte di Serramezzana, volgarmente chiamato « Monte San Giacomo », per una cappella dedicata al Santo, dal clero di Caggiano, fin dal secolo XIV.

La necropoli non e stata del tutto riportata alla luce: essa si estende ancora nel territorio confinante, detto di Santo Stasio (= « S. Anastasio »), di proprietà dei Carucci Vannata, e, forse, oltre, per ricongiungersi, verso sud ovest, all'antico pago di Acerronia, borgata che si estendeva lungo tutti i fianchi meridionali del monte e il piano sottostante, fino a toccare contrada "Massavetere".
I frutti delle lunghe e difficoltosissime ricerche furono straordinari: ma ciò che maggiormente colpì fu la vastità dei reperti più vari in gran parte rotti , venuti alla luce nelle contrade a sud ovest di monte S. Giacomo (Pratiello, Massarione, Santo Stasio, ecc.).
Fu scoperto finanche un antico acquedotto, che dalle pendici di monte S. Giacomo scendeva a valle, fino alla strada provinciale n. 19 delle Calabrie; e, lungo il piano, sopra la detta strada, vennero alla luce tombe militari con elmi e spade cartaginesi e romani.
La parte di necropoli scoperta rimane ancora da esplorare il sottosuolo confinante è sita a sud est di monte San Giacomo, in contrada Pratiello.
Durante tali lavori,. effettuati alla presenza delle autorità civili e militari , sono stati riportati alla luce i seguenti reperti, in parte di età repubblicana, in parte imperiale:

a) Fregio dorico, nella cui metopa centrale e raffigurato un grifo con volto umano, gradiente a destra, di cm. 100 x 60 x 30.

b) Statua di calcare locale, decapitata e riversa al suolo, a quasi due metri di profondità, di cm. 168 x 67 x 38. E’ di rara fattura.

c) Base di calcare locale di altra statua, non ancora venuta alla luce: a destra si nota il piede con parte della gamba; a sinistra, invece, si vede soltanto una parte del piede. Molto probabilmente alla base dovrebbe congiungersi la parte calcarea modanata, con parte della gamba mancante alla base: misura cm. 128 x 60 x 36.

d) Epigrafe a Gresio e Libone, su calcare locale, di cm. 210 x 95 x 36: ha forma di parallelepipedo:
( ) Gresio, C(ai) f(ilio)
Hor(atia tribu) +
Liboni fratri
+ La tribù Orazia era del territorio di Venosa

e) Epigrafe, su blocco calcareo levigato, dedicata alla memoria di più persone, di cm. 210 x 90 x 45. 1 margini sono in gran parte erosi dal tempo e dall'umidità. Molto probabilmente manca la prima riga dell'epigrafe;
Insteiae Q(uinti), f(iliae): Firm[ae],
Q(uinto) Instio Q(uinti) f(ilio)
Pom(ptina tribu) Cimb(ro),
Aemiliae C(ai) f(iliae) Bassae,
Q(uinto) Insteio Q(uinti) f(ilio).
Gresia C(ai) f(ilia) Tertia sibi et (suis).

f) Epigrafe, in blocco calcareo locale, completamente erosa dal tempo e dall'umidità. Esso ha forma di parallelepipedo irregolare, di cm. 196 x 35 x 48:
Gre(sius vel sio)

g) Epigrafe in blocco di calcare locale: le lettere sono in gran parte scomparse, per cui la dedica è di difficile interpretazione. Misura cm. 89 x 45 x 38:
(…) Q(uinti vel ae) l(ibert( ))
[ 1 I. viro

h) Epirafe su calcare locale grezzo, di forma irregolare. Manca quasi tutta l'iscrizione, in quanto la parte del blocco, contenente l'epigrafe completa non e stato ancora scoperto: molto probabilmente e andato distrutto.

i) Fregio dorico, nella cui metopa centrale e raffigurato, in rilievo, un aquilotto, con la testa volta a sinistra: e, agli estremi, altre immagini indecifrabili.

l) Parte di muro laterale alla necropoli, di m. 2,5 x 4, in propríetà del signor Lupo Tommaso: esso però continua nel terreno dei Carucci Vannata. E’ costruito in lapillo, una specie di cemento, che, volgarmente, e chiamato rapillo.

m) La parte della necropoli scoperta misura circa m. 25 x 15. Tutto intorno sono sparsi blocchi erratici in calcare locale, alcuni dei quali modanati, altri grezzi.

Altra epigrafe venuta alla luce:
( ) (?
C(aius) P(ontius) Logis(mus),
Pon(tia) Bass(a),
C(aius) Pon(tius) Ilis(sus),
patri bene merenti fecerunt.

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