Pro loco Caggiano
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Terra di sapori e tradizioni

Regione Campania Provincia di Salerno Comune di Caggiano Unione Nazionale delle Pro Loco d'Italia
Skip Navigation LinksHome > Turismo > Percorsi naturalistici > Zootecnia giovedì 7 novembre 2024 - 10:38:36
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Caggiano da sempre si è retta economicamente, in maniera principale, con l’agricoltura e la pastorizia, in particolare con l’allevamento ovi-caprino. Ciò dovuto anche alla conformazione orografica e alla notevole disponibilità di pascoli e montani e collinari.

Notevole era la produzione di formaggio che, oltre al fabbisogno, era in grado, con le eccedenze, di stimolare il commercio con i paesi limitrofi.
Apprendiamo da Don Alessio Lupo che nel 1840 circa nel paese erano presenti 5.120 pecore e capre, 100 bovi addetti all’aratro, 150 tra muli e asini e oltre 100 maiali. Visto che anche i più anziani del paese ci dicono che a Caggiano rari sono stati i buoi da aratro, le cosiddette pariglie, supponiamo che Don Alessio Lupo per bovi si riferisse a vacche da aratro.
Per quanto riguarda l’allevamento bovino nel corso degli anni si è verificata una mutazione dell’utilizzo produttivo: gli animali, che fino a principio degli anni ‘60 venivano quasi esclusivamente usati per il lavoro nei campi e, a fine carriera lavorativa, come fonte di alimento, diventano successivamente animali adibiti alla produzione di latte utilizzato per la trasformazione e come alimento.
Nel 1960 il numero totale dei capi bovini da latte era di circa 400 unità, tale numero è andato incrementandosi, fino ai primi anni ’80, quando si è raggiunto un picco di circa 650 capi.
Oggi siamo in presenza di un numero di vacche da latte non superiore alle 170 unità ed alle 100 unità di animali da carne che ancora pascolano sulle nostre montagne e tutti gli anni, alla fine dell’autunno, tornano verso valle dove trascorrono l’inverno, attraversando le vie del paese tra la curiosità di giovani e meno giovani attirati dai suoni dei loro campanacci.
La monta taurina, presente nel nostro paese fino ai primi anni ’70, si effettuava in zone quali S. Agata e, successivamente, al Casino Rosso da “zì Attilio”, dove le vacche venivano portate dal toro per la monta.
Nei decenni precedenti era il toro a girare per le campagne per la monta. Oggi la monta taurina è solo un ricordo dei meno giovani.
Gli unici mezzi di trasporto presenti in paese, fino all’avvento delle biciclette prima e delle autovetture poi, erano muli ed asini che i nostri nonni ancora chiamano “la vettura”.
Nel 1940 si contavano circa 40 muli e quasi 100 asini, utilizzati per trasporti di ogni genere: la legna, la sabbia (dalla lontana contrada Arenosa), le pietre e il legname per la costruzione delle abitazioni.
I muli, paragonabili ad una attuale fuoriserie, appartenevano alle famiglie più agiate del paese, costavano fino a dieci volte di più di un asino. In quegli anni alcuni muli erano invidiati da tutti per la loro mole e capacità lavorativa: erano quelli appartenenti alle famiglie “capitano” e “valentino”.
Per la loro specifica attitudine al trasporto di materiali pesanti ed ingombranti erano ingaggiati per trasporti conto terzi che venivano retribuiti in natura: quasi sempre con giornate lavorative. Per ogni giornata di lavoro del mulo a nolo, una persona lavorava per una giornata intera nei campi dei mulattieri se uomo o per due giornate se donna; alcuni ricordano che per una giornata di lavoro di un mulo dovevano al mulattiere addirittura tre giornate lavorative se uomo o cinque se donna.
Gli asini, presenti in numero maggiore, paragonabili ad una attuale utilitaria, accompagnavano la vita lavorativa nei campi e alla stessa maniera erano usati per trasporti di persone e di cose.
Ad oggi si riscontra a Caggiano soltanto la presenza di un asino e la scomparsa totale dei muli.
La fiera, che tutt’oggi si svolge il 6 agosto, rappresentava il momento dell’acquisto del maiale.
I maiali, portati al pascolo, si cibavano di ghiande e patate; in più, ricevevano “lu vurrò-n”, cioè un miscuglio di crusca, patate bollite e dei resti del pasto della famiglia che lavati i piatti con la “iotta”, cioè l’acqua in cui veniva cotta la pasta, si completava con “caniglia”(crusca), erbe e patate. Raggiunto un peso di circa 150 kg veniva macellato per la produzione dei salami caggianesi, tra cui spicca la tanto saporita soppressata.
Si tenga presente che la macellazione del maiale non avveniva nell’inverno che seguiva l’acquisto bensì l’anno successivo l’acquisto stesso, cioè il maiale veniva allevato per circa un anno e mezzo.
I caggianesi grossi produttori di olio, quasi sempre, barattavano tale prodotto con il maiale che, spesso, veniva tenuto in casa, come le galline, e quotidianamente seguiva i proprietari nelle campagne.
I nostri genitori ricordano che da piccoli, quando uscivano da scuola, andavano a casa a prendere il maiale e raggiungevano i nostri nonni nelle campagne, spesso molto lontane.
Di quest’animale non veniva sprecato niente. Infatti dalle parti più pregiate, fino alle setole e al sego utilizzato per la produzione del sapone tutto aveva una sua destinazione, fin dal momento dell’acquisto. Ancora oggi diverse famiglie allevano e macellano il maiale nel rispetto delle tradizioni tramandatesi di padre in figlio.
La colonna portante dell’economia caggianese è stata, fino ad alcuni decenni fa, l’allevamento ovi-caprino. Nei primi decenni del 1900 la popolazione era di circa 4000 anime e ipotizziamo fossero presenti a Caggiano circa 8000 capi ovi-caprini, distribuiti su tutto il territorio comunale, ma soprattutto nelle aree a valle del Monte Capo la Serra.
Nel 1960 il numero dei capi ovi-caprini era diminuito a circa 3000, tale diminuzione è continuata fino ad oggi, e sicuramente non terminerà. Oggi si contano non più di 600 capi.
Le pecore e le capre tenute al pascolo in montagna e nelle zone collinari a novembre di ogni anno, con l’arrivo dell’inverno, venivano portate a valle dove i pascoli erano floridi, per ritornare in montagna verso l’aprile successivo.
I pastori, o i massari, al loro ritorno erano accolti dalle proprie famiglie con feste, balli e canti che duravano per diversi giorni e diverse notti.
Dal latte dato da questi animali si ottenevano grosse quantità di formaggio e ricotte che venivano consumate sia fresche che salate, ma questo prodotto rappresentava soprattutto una ottima merce di scambio con i produttori di grano e di olio, sia caggianesi sia dei paesi vicini.
Dott. Angelo Salvatore PEPE
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